martedì 18 aprile 2023

"La medicina generale nel 2026 non ci sarà più" da MD Digital


"In Italia è stata sbagliata la programmazione. Andando avanti così la medicina generale nel 2026 non ci sarà più: 10mila dottori andranno in pensione, con un ricambio che ne coprirà forse 3mila. Poi c'è un altro problema: il concetto di media paziente è stato creato negli anni Settanta quando l'Italia era un Paese giovane, ora siamo i più vecchi e gli anziani sono pazienti multicronici con cure primarie complesse. Siamo un Paese che ha deciso di andare avanti senza cure primarie, perché tra un po' diventeranno un lusso". Ad affermare ciò è il segretario generale della Fimmg, Silvestro Scotti, in un’intervista pubblicata su Il Resto del Carlino. Per Scotti servono investimenti per dare risposte alla carenza di organico e al riguardo tiene a evidenziare che gli unici fondi non spesi sono i 235 milioni di euro per potere fare  diagnostica negli studi dei Mmg, stanziati nel 2019, quando al Ministero della Salute c'erà Speranza. "Servono équipe multi-professionali con strumenti diagnostici di alto livello evidenzia Scotti -  che aiutino i Mmg. Come gli infermieri, che possono svolgere questo ruolo prendendo parte al team di studio. Serve assumere e inquadrare come dirigente medico chi era stato fatto entrare nel sistema emergenziale". Il segretario della Fimmg inoltre, nell'intervista si dice d'accordo a togliere il numero chiuso al test di Medicina poiché "c'è bisogno di più medici rispetto alla domanda e i giovani possono mantenere in piedi il sistema. Nuovi laureati sono un investimento, così come dovrebbero esserci più ospedali universitari per riversare i laureandi sul territorio". Rispetto al tetto di assistiti che, al momento, è in aumento, vista la carenza di Mmg nei vari territori, Scotti  precisa che nel frattempo servono almeno 3mila Mmg  "a cui  se ne aggiungeranno altri 7mila con le pensioni. Un quarto degli italiani rischia di restare senza medico di medicina generale". E conclude dichiarando che: "Servono nuovi modelli organizzativi: nelle grandi città c'è la possibilità di mettere insieme più medici, creando punti di accesso facilmente raggiungibili dal quartiere e garantendo così l'assistenza continuativa a tutti e quella specialistica ai pazienti".